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Olivia Laing – Città sola

siria con il libro città sola in mano

« Si può essere soli ovunque, ma la solitudine che viene dal vivere in una città, circondati da milioni di persone, ha un sapore tutto suo.
Una condizione che si potrebbe pensare antitetica alla vita urbana, all’assembramento di altri esseri umani, ma la mera vicinanza fisica non è sufficiente a dissipare quel senso di intimo isolamento. […]
Le città possono essere luoghi solitari, portandoci a riconoscere che la solitudine non richiede necessariamente un isolamento fisico, ma piuttosto un assenza o scarsità di contatto, vicinanza, famigliarità. »

“Città sola” di Olivia Laing è stato un libro che ho amato tanto e per paura di non riuscire a raccontarlo nel modo giusto ho tardato a parlarne, oggi ci provo!

“Città sola”, già il titolo richiama al paradosso della solitudine cittadina che è collettiva.
“Città sola” è un’indagine della solitudine dell’uomo moderno nelle grandi metropoli posta in relazione e in confronto a diversi artisti contemporanei, il binomio arte-solitudine spesso percorre l’arte contemporanea; questa solitudine talvolta, per contrasto, porta gli artisti a circondarsi di una miriade di persone (vedi la Factory di Warhol) ma non è detto che quel senso di solitudine venga in tal modo annullato; le riflessioni di Olivia Laing in questo libro non si esauriscono qui, molte vertono anche sul contemporaneo, sull’esposizione ad un pubblico potenzialmente infinito data dal mondo digitale, l’avvento dei social network un po’ si sente che questo libro è stato scritto in un momento passato che in verità non è così lontano ( prima pubblicazione nel 2016) ma nei tempi del digitale questo arco di tempo permette di fare degli avanzamenti colossali e quindi alcune cose mi hanno fatto provare un senso di tenerezza nei confronti di quel passato recente che sembra così lontano dal momento presente, leggendolo potresti capire a cosa mi riferisco.


Altra protagonista del libro è, ovviamente, la città di New York che con le sue mutazioni e la sua natura de-personalizzante ingloba e fagocita i suoi abitanti. Partendo dal suo vissuto personale Laing affronta e trova dei punti di contatto con le biografie di molti tra gli artisti di cui racconta nel libro.
Per inclinazione personale le vicende di Warhol mi commuovono e scuotono sempre molto, è stato perciò, bello leggerle raccontate da Laing. Ma ho amato tantissimo anche i racconti degli altri artisti e il modo di procedere, mediante le loro opere, per strutturare un’indagine sulla solitudine come malattia silenziosa.

Questo è un libro che sicuramente rileggerò in futuro, in momenti differenti della mia vita, per vedere cosa mi ha colpito adesso e cosa mi colpirà in futuro, l’ho sottolineato, scritto, ho fatto le orecchie, per me è stato davvero un bell’incontro ricco di spunti di riflessione che ho amato tanto. Le mie aspettative erano alte e il libro è stato all’altezza, perciò mi sento di dire: consigliatissimo!

Unico appunto sull’edizione, mi sarebbe piaciuto che, non dico tutte, ma almeno una parte delle opere citate fossero riprodotte sul testo perché compromette la lettura doversi interrompere per cercare su internet l’opera per capire di cosa stia parlando l’autrice e, al contrario, non farlo rischia di rendere molto sterile la lettura.